l'indagine sulla città scomparsa

 

PROLOGO

 

L’incarico che mi è stato assegnato prevedeva, alla fine delle mie indagini, la redazione di una 'dettagliata relazione conclusiva'. E’ inutile dire che a tutt’oggi non sono riuscito ad elaborare nessuna relazione, né tantomeno dettagliata o conclusiva. Gli elementi, le testimonianze, i dati raccolti non mi consentono in nessuna maniera di dare una spiegazione ordinata e razionale ai fatti su cui ho indagato.

Il compito affidatomi era probabilmente al di sopra delle mie capacità, cosicché adesso mi trovo tra le mani soltanto una disordinata congerie di appunti organizzati come meglio mi è stato possibile, una confusa collezione di notizie incerte, osservazioni personali, ipotesi di lavoro.

 

Negli ultimi giorni il mio stato di salute non è stato dei migliori e questo non ha certo agevolato le mie indagini. Lo stato di spossatezza che mi affligge mi impedisce di muovermi come vorrei, il mal di testa che ostinatamente mi perseguita mi distoglie continuamente dalle mie riflessioni.

In queste mie note, per forza di cose incomplete e provvisorie, si trovano pertanto soltanto dei frammenti di conoscenza. D’altra parte la verità non si rivela mai a noi nella sua interezza, ma sempre parzialmente e disordinatamente, per frammenti. Tante tessere sparpagliate di un mosaico, che riusciamo a leggere correttamente solo se ci riesce di ordinarle nel modo giusto. Non è affatto certo che l’impresa riesca, così come non è certo che il mosaico che riusciamo a ricostruire sia quello giusto. Spesso le tessere possono essere ordinate in più modi, tra loro diversi, e possiamo quindi ottenere tante immagini, molte delle quali potrebbero essere prive di senso o del tutto illeggibili.

Gli stessi frammenti raccolti sicuramente non sono tutti significativi ai fini della conoscenza, alcuni potrebbero essere semplicemente inutili o addirittura fuorvianti.

Personalmente ho forte la sensazione di essere più volte finito in vicoli ciechi, ma non sono riuscito ad evitarlo nelle condizioni in cui ho dovuto muovermi.

Ho avuto la sventura di essermi trovato ad indagare in una città che si potrebbe definire ‘fantasma’, dove incredibilmente erano scomparsi tutti coloro che potevano darmi le informazioni e le notizie più utili. Ho dovuto purtroppo accontentarmi di raccogliere quello che era rimasto, racconti, testimonianze e voci non sempre attendibili.

Probabilmente la strada che avevo intrapreso per giungere alla conoscenza della verità non era quella giusta, la realtà assai parziale che ho esplorato, in cui mi sono intrappolato, era fuorviante. Spesso per osservare obiettivamente uno scenario in tutti i suoi dettagli non bisogna esserne parte. Occorre invece scrutare la realtà da osservatore esterno, come un buon naturalista, con scientifico distacco.

 

 

LIBRO PRIMO - L'ispettore Joseph Usak

 

Giunsi nella città di Xadis, nella lontana provincia di Alakar, che era quasi notte. Ero stato spedito laggiù dal Ministero perché erano giunte da qualche tempo nella capitale strane e confuse notizie su alcuni avvenimenti che si stavano verificando in quel centro. Voci allarmanti ma non verificate parlavano di strani incidenti, di misteriose scomparse, di inspiegabili guasti.

Nelle ultime settimane era diventato impossibile comunicare con la città. Tutti gli uffici pubblici non davano più alcun segno di vita, i telefoni erano isolati, era diventato impossibile persino inviare o ricevere corrispondenza. I trasporti pubblici avevano sospeso ogni servizio, a causa di non meglio precisate ‘gravi interruzioni nei collegamenti stradali e ferroviari’.

Non era stato più possibile ottenere rapporti o informazioni né dalle autorità locali né dagli organi di polizia, la città sembrava essere letteralmente scomparsa.

Non si riusciva nemmeno a rintracciare qualcuno che l’avesse visitata negli ultimi tempi. Più di un cronista vi era stato sicuramente proprio per indagare su quegli strani avvenimenti, ma a quanto era dato di sapere, nessuno di loro era mai ritornato o aveva comunicato qualcosa.

Fino ad alcuni mesi prima la città di Xadis mi risultava completamente sconosciuta e ben pochi nella capitale per la verità sospettavano l’esistenza di un tale centro abitato. Era salita improvvisamente alla ribalta delle cronache per via della particolare soluzione che lì si era trovata al problema dei rifiuti.

 

Avrei dovuto indagare, ma ‘con molta discrezione’, su quegli ‘strani’ avvenimenti, avrei dovuto controllare le voci e valutare la loro veridicità. Mi sarei presentato come un semplice funzionario dell’Ufficio Tributi. Il Ministero voleva evidentemente evitare il diffondersi di notizie allarmistiche su una situazione locale poco chiara. Avrei, alla fine della mia indagine, dovuto redigere un rapporto strettamente riservato da inoltrare alla Direzione Generale.

Circa un mese avanti era stato già inviato in gran segreto sul posto l’ispettore Alex Demir, funzionario capace e molto scrupoloso, ma da lui non si era ricevuto nessun rapporto, anzi sembrava essersene persa ogni traccia. Al Ministero avevano immaginato che sarebbe stato assai difficile comunicare con lui durante la missione, ma il tempo era passato ed egli sembrava essere scomparso nel nulla. Anche la spiegazione di questo ulteriore mistero rientrava tra i miei compiti.

 

L'arrivo a Xadis

Il mio viaggio fu oltremodo lungo e tormentato, più volte fui costretto a cambiare strada, a deviare, a tornare indietro, sia per la quasi assoluta mancanza di una segnaletica stradale chiara, sia perché spesso finivo su strade rese impraticabili da una evidente e prolungata mancanza di manutenzione.

La città di Xadis era molto lontana da strade importanti e da altri centri abitati, per cui mi trovai, nonostante l’ausilio delle carte stradali, più volte fuori itinerario. Stranamente non riuscii mai a incontrare qualcuno cui poter chiedere indicazioni, ebbi addirittura spesso come la sensazione di attraversare un deserto.

Ad un certo punto, a furia di deviazioni, mi ritrovai a percorrere degli impervi e dissestati viottoli di campagna, poi un improvviso e violento temporale mi costrinse a procedere assai lentamente e quasi alla cieca per quelle contrade sconosciute. Era ormai sera inoltrata. Quando il temporale terminò, mi trovai inaspettatamente in vista della città. Era di fronte a me, a qualche chilometro di distanza, distesa su un’ampia e brulla pianura scura e silenziosa. Riuscivo a scorgerne gli edifici più importanti. Su tutti dominava l’inquietante sagoma della torre.

La città mi apparve in un penoso e quasi completo stato di abbandono. Le strade assai fiocamente illuminate dai pochi lampioni funzionanti erano completamente deserte, le luci delle abitazioni spente, i locali pubblici tutti inesorabilmente chiusi, ovunque dominava un silenzio irreale. Un vento leggero ma fastidioso accumulava polvere e foglie secche ai bordi dei marciapiedi sconnessi. Mi diressi verso la torre, l’edificio di cui si era tanto parlato negli ultimi tempi in tutto il paese.

La costruzione è visibile da una grande distanza, ben prima che l'occhio arrivi a scorgere gli altri particolari del centro abitato, per via della sua mole massiccia e della sua notevole altezza. Si erge imponente e sinistra in un vasto e tetro piazzale, illuminata da grossi fari, le pareti, grossolanamente levigate, di cemento scuro.

L’aria era molto secca, lievemente irritante, il silenzio quasi completo, ma dalla costruzione sembrava levarsi un leggero e quasi impercettibile ronzio, come prodotto da una vibrazione interna.

Il vasto piazzale, rischiarato solo da pochi lampioni dalla luce fioca, era angosciosamente deserto, vuoto. Un viandante malconcio ne attraversò per un momento lentamente un angolo per poi perdersi nel buio circostante.

 

Non mi fu facile trovare un alloggio. Solo dopo un lungo e poco fruttuoso girovagare finii per imbattermi nell’unico albergo aperto in città, un modesto fabbricato di due piani, del quale ebbi l’onore di diventare l’unico cliente. Il proprietario nel vedermi non nascose una certa sorpresa, era da tanto, a quanto pareva, che non riceveva visite. Si occupò egli stesso di sistemarmi i bagagli, nell’albergo da tempo non c’era più personale.

Sa - mi disse - una volta questo albergo non era così, era pieno di clienti, clienti importanti. Giungevano da ogni parte del paese e si trattenevano in genere per affari per parecchi giorni. Non so di che tipo di affari si trattasse, sa, chi fa il mio mestiere impara ad essere discreto, molto discreto. Poi c'erano anche gli altri, quelli che venivano qui a divertirsi.

Strano, vero, che una volta in questo posto che ora sembra una specie di cimitero, ci fosse anche da divertirsi. Ebbene sì, c'erano locali di ogni tipo, c'erano numerosi ritrovi, sale da gioco, c'era di tutto, ci si divertiva fino a tarda notte. Entravano tanti soldi nelle casse, chi ci sapeva fare guadagnava somme enormi.

Forse lo sa anche lei, con la costruzione della torre, iniziò un periodo d'oro per la nostra città, che col passare dei giorni diventava sempre più ricca e importante. Poi, improvvisamente, le cose cambiarono, cominciarono le sciagure, tutto finì rapidamente come era iniziato, i clienti si dileguarono, i miei concittadini scomparvero. Andati via, quasi tutti.

E adesso è cessata ogni attività, tutto qui dentro si è rapidamente ridotto nello stato che vede, buio, polvere, arredi rovinati, stanze sporche, ma non si preoccupi, la camera che le darò è in perfetto ordine, l’unica per la verità. Il problema è che non abbiamo più tante risorse qui, non arriva più nessuna merce da nessuna parte, stiamo andando avanti utilizzando le riserve. Allora, ai bei tempi, nella nostra città avevamo ogni genere di beni e in grandissima quantità, ora viviamo consumando quello che avevamo accumulato.

 

Gli raccontai del violento temporale che mi aveva sorpreso, ma egli si mostrò molto stupito:

- sono tantissimi mesi che qui non piove, nemmeno una goccia. Vede, è tutto arido, asciutto, il fiume si è ridotto a un piccolo maleodorante ruscello. Poi c'è questo vento fastidioso, non è un vento impetuoso, ma è quasi costante, trasporta minuscoli granelli di sabbia e di terreno che ricoprono ogni cosa, che si infiltrano dappertutto, nelle case, negli abiti, si attaccano alla pelle. Penso che prima o poi la polvere finirà per ricoprire completamente l'intera città. Ecco, sarebbe proprio una fine perfetta, quando tutti se ne saranno andati. La città morta e sepolta, nessuno la troverà più, scomparsa. Ma forse la torre resterà allo scoperto, è talmente alta, sì, probabilmente resterà. Solo la torre, il nostro cippo funerario.

 Quando tra un migliaio di anni gli archeologi ci troveranno, si chiederanno sicuramente a che serviva quella cosa, ma non credo che troveranno una risposta, d'altra parte neanche noi abbiamo capito del tutto a che serve o a che serviva. Per eliminare l'immondizia? Certo, quella è la sua funzione ufficiale, ma forse serviva anche ad altro, ma a che cosa? Non si è mai capito, si sono fatte tante ipotesi e costruite tante leggende, ma in realtà nessuno lo ha mai capito

...........................................................

.........................................................